La sindrome di Braccio di ferro

Chiunque ricorderà con quale piacere ed entusiasmo, da bambini, si partecipava alle festicciole di compleanno a base di dolciumi, patatine fritte e bevande più o meno zuccherate. Alla stessa maniera, avrà bene in mente quando, a cena con i genitori, arrivava il momento di mangiare  le verdure: broccoli, brasiliana, fagiolini, barbabietole, carciofi, finocchi, lattuga, cavoli e… spinaci.

Dopotutto, però, gli spinaci alla fine erano quelli meno sgraditi perchè ad essi era riconducibile un’altro ricordo molto piacevole: “Braccio di ferro” o, per gli amanti dei cartoni in televisione, Popeye (che, vi ricordo, significa “occhio sporgente” e si pronuncia “pap-ai”).

Sicuramente, tutti voi conoscerete “Braccio di ferro”: stiamo parlando di un marinaio, dotato di avambracci eccezionali e di un occhio guercio, che, nel corso delle sue avventure, si ritrova ad affrontare un rivale molto più grosso e forte di lui, Bruto. Quando sembra che Popeye stia per soccombere alla prepotenza di Bruto, riesce a stravolgere la situazione grazie ad un’arma segreta: gli spinaci. Essi, notoriamente ricchi di ferro (probabilmente più per una questione di propaganda grazie alle avventure di Popeye stesso che non al loro contenuto effettivo, poichè legumi come lenticchie, uova o carne ne contengono un quantitativo più elevato), conferiscono a Braccio di ferro una forza sovraumana, grazie alla quale può mettere al tappeto il cattivo di turno.

Adesso vorrei passare ad una figura derivante dal teatro greco: il “Deus ex machina” (in greco “apò mēchanḗs theós”). Il termine, la cui origine in questo caso è stata latinizzata, si traduce più semplicemente come “il dio che proviene da una macchina“. Probabilmente, se avessi una macchina del tempo, una delle tappe a me più gradite sarebbe ad Atene, intorno al 430 a.C., proprio per assistere a una tragedia scritta da Euripide

Uno dei marchi di fabbrica delle opere del suddetto autore era rappresentato dal “Deus ex machina”: nel momento di massimo pathos, quando sembrava che la situazione fosse irrisolvibile per i protagonisti ormai allo stremo delle energie fisiche e psichiche, in scena appariva un attore che, posizionato sopra una gru in legno (chiamata”mechanè“), veniva fatto calare dall’alto, impersonando il ruolo di un dio il quale scende dal cielo per aiutare gli sventurati umani.

Eh sì, concedetemi questo intercalare colloquiale, ma, bene o male, siamo stati un po’ tutti cresciuti con il mito degli “spinaci” o del “deus ex machina”.

Escludo, per una questione di rispetto, di trattare le esperienze di quelle persone alla ricerca di un miracolo religioso nelle varie località celebri per le apparizioni mariane.
Molte altre sperano che, grazie all’intervento quasi miracoloso di qualcuno o qualcosa, la loro vita possa cambiare direzione in maniera subitanea ed improvvisa. Tale approccio alla vita, che porta le persone a vivere, giorno per giorno, nell’illusione di un cambiamento che, de facto, non avverrà mai, si chiama “Sindrome di Braccio di Ferro“.

Gli esempi si possono sprecare, ma ritengo importante soffermarmi su alcuni più rappresentativi.

Le vittime più tipiche della Sindrome di Braccio di Ferro sono i giocatori delle lotterie. Richiamando una statistica del 2011 al riguardo emerge che in tutta Italia le cifre spese nell’acquisto di biglietti “Gratta e vinci” sono spaventose, specialmente nel regioni meridionali: a Bari si è speso la bellezza di 307 euro procapite in gratta e vinci, a Roma 210 euro, a Napoli 175, a Milano 144. Considerata la crisi che sta affliggendo gli italiani da un paio di anni, c’è da riflettere su quanto sia elevato il costo della sola speranza di dare una svolta alla propria esistenza.
Riflettendo sulle dinamiche del gioco d’azzardo più comune (gratta e vinci e slot machine elettroniche installate nei bar) si noterà una pericolosissima similitudine costituita dalla rapidità dello svolgersi del gioco: infilare una banconota e tirare una leva, oppure grattare un rettangolino argentato è una questione di un paio di secondi: è in quel mentre che la “Sindrome di Braccio di ferro” raggiungerà il proprio culmine. Si tratta di un piccolo brivido di piacere derivante da una potente scarica dopaminergica all’interno del cervello del giocatore.

Adesso, dovrei parlarvi della dopamina, il neurotrasmettitore appartenente alle catecolamine, che produce effetti nella frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, ricollegato ai meccanismi di “piacere e ricompensa” nel cervello umano. Purtroppo, sebbene l’argomento sia per me piacevole ed interessante, ritengo che sarebbero in pochi a volersi addentrare in cotanto approfondimento. Per cui, credetemi sulla parola quando vi dico che è stato dimostrato scientificamente che dopamina e gioco d’azzardo sono collegati.

La trappola psicologica del “gratta e vinci”, purtroppo, è basata sulla speranza che un biglietto possa cambiare la vita al giocatore, quando, nella migliore delle ipotesi e statistiche alla mano, sarà premiato con una vincita dal valore equivalente al costo del biglietto appena acquistato: nella mente del giocatore ciò si tradurrà in un invito a ritentare la sorte. L’ennesima grattatina per un tempo totale di pochi secondi e altri cinque, dieci o venti euro saranno stati buttati al vento dal malcapitato.

Braccio di ferro, comunque, non cambiava radicalmente la propria vita quando ingurgitava gli spinaci, bensì si limitava a diventare più forte. Questa premessa è utile per introdurre un nuovo esempio, ancora più calzante.

Fra lavoro, famiglia, figli, impegni vari, studio (qualora siate ancora studenti) è difficile mantenersi in forma. Per avere un fisico invidiabile, inoltre, bisogna abbinare sana attività fisica ad alimentazione impeccabile. Eppure, non passa giorno che veniamo bombardati da stimoli più o meno pesanti in televisione, nei giornali, in radio, su internet, oppure entrando in qualche bar o pasticceria. Potrei accendere la televisione e catturare qualche fermo immagine attuale, ma, da buon amante degli anni ’80, preferisco fare qualche excursus in un periodo a me storicamente caro: fra Ambrogio e i suoi golosissimi dolciumi atti a calmare un languorino di stomaco, quel  simpaticone del piccolo mugnaio che prepara le delizie per la sua amata Clementina, e Kaori che, a suon di “poco poco”, pubblicizzava i formaggini, era veramente difficile rimanere imperturbabili davanti a tutte queste invitanti leccornie.

Una piccola riflessione sul video in questione. Non solo pubblicizza una merendina industriale poco indicata nell’alimentazione di chiunque, specie se in giovane età, ma lo stimolo all’acquisto viene ratificato dalla presenza di una slot machine, che, nella mente del cittadino medio, è uno degli strumenti più comuni per soddisfare le pulsioni derivanti dalla “Sindrome di Braccio di ferro”.

 

Peccato che i latticini tanto cari a Kaori, oltre a contenere grassi, siano portatori di estrogeni, riconducibili a malattie più gravi, specie nelle donne. I dolci, in particolar modo quelli industriali che abbondano nella slot machine di Clementina, fanno ingrassare  a vista d’occhio. E così via.

Poi, però, dopo essere caduti in tentazione ed esserci mangiati quella morbida e gustosa brioche al bar, facciamo tappa in edicola per acquistare un quotidiano. I maschietti non potranno evitare di osservare, con malcelata invidia, le copertine di riviste quali “Men’s Health” o “For Men”, dove sono esibiti trentenni e quarantenni dallo sguardo da macho e tartarughe scolpite, manco fossero passati per le mani di Fidia. Alle femminucce andrà ancora più magra, dato che buona parte delle riviste di gossip espone in prima pagina modelle semi svestite, celebrità della televisione uscite dall’ennesimo programma spazzatura: riuscire ad intravedere un accenno di ruga o un microscopico milligrammo di cellulite sarà più improbabile che non azzeccare un sei al superenalotto!

Naturalmente i più esperti potranno ironizzare pensando ai miracoli del ritocco grafico offerto dal rinomato Photoshop. Purtroppo, però, la continua esposizione di fisici perfetti in televisione, al cinema e nei giornali, rafforzerà nella mente di molti la volontà di emularli.

Tanti anni fa, quando non esistevano i prodigi della chirurgia estetica e della chimica, i cittadini più benestanti potevano al massimo permettersi di imitare i loro idoli nell’abbigliamento. Oggi, invece, addominali, bicipiti, tagli di capelli, seni più o meno enormi, gambe tornite e pelli tirate dal botox sono alla portata di tutti.

Ma a quale costo?

Bypasserò l’argomento “chirurgia estetica” per non appesantirvi la lettura e vi parlerò di anabolizzanti, l’altra forma di “spinaci” tanto amata da molti italiani appassionati di fitness e vittime della “Sindrome di Braccio di ferro”.

Un rapporto della Commissione Vigilanza e Controllo del Doping del Ministero della Salute ha diffuso dei dati  aggiornati al 2011 secondo i quali un frequentatore di palestre su dieci (quindi, il 10% del totale degli iscritti) assume una o più sostanze illecite: principalmente steroidi (7-8%), anfetamine (6%) e cocaina (2-3%).

Relativamente alla mia esperienza personale, pur essendo un appassionato ed esperto di fitness, non ho mai assunto anabolizzanti, ma sono venuto a contatto con una miriade di “presunti sportivi” che ne hanno fatto uso (francamente non considero tali tutti coloro i quali assumono sostanze proibite).

Arnold Schwarzenegger ai tempi d’oro e, in età più avanzata, quando ha interrotto gli allenamenti e… tutto il resto.

Nell’immaginario comune il culturista è una specie di gigante ricoperto di muscoli e dotato di una forza incredibile.

La realtà, invece, è completamente diversa.

Con un ciclo di steroidi anabolizzanti il peso corporeo può aumentare da un minimo di 2 a un massimo di 5 chili, con incrementi di massa magra e miglioramenti, in termini di forza, del 10-20%. Per inciso, senza anabolizzanti, un atleta serio difficilmente potrà ottenere risultati equivalenti, se non calcolando meticolosamente la propria alimentazione, le giornate di allenamenti, i tempi di recupero e le ore di sonno.

A primo acchito verrebbe da pensare che la sindrome di Braccio di Ferro possa essere felicemente assecondata da una dose di “spinaci anabolizzanti” atti a svolgere il lavoro sporco. Purtroppo, o per chi è amante dell’impegno e del sacrificio come il sottoscritto per fortuna, non è così, dato che gli effetti collaterali degli anabolizzanti sono variegati e micidiali.

Nella pelle si moltiplicano acne e peli e, spesso, negli uomini si verificano brutti e frequenti episodi di ginecomastia (ossia spuntano delle “tettine” come se fossero delle donne durante la fase della pubertà). Il colesterolo tende ad aumentare esponenzialmente, così come la pressione arteriosa a riposo. A livello mentale, poi, i danni sono ancora più letali: depressione, comportamenti ipomaniacali, psicotici, aumento dell’aggressività, impotenza, scarsa autostima che spingerà ad assumere ancora più anabolizzanti per apparire più grossi e massicci.

La schiena di un culturista che ha fatto uso di steroidi. In gara tutte le imperfezioni della pelle verranno mascherate con l’olio di mallo.

Un tipico esempio di ginecomastia da steroidi

Classica assoluzione per incapacità mentale avvenuta nei tribunali italiani. Un celebre culturista aveva assassinato la moglie con 60 accoltellate per una banale discussione.

Anche il cinema e la televisione non aiutano i malati della Sindrome. Basti pensare a quella pletora di film in cui il protagonista, senza quasi rendersene conto, passa dalle stalle alle stelle, andando naturalmente contro il più celebre detto, grazie a un evento fortunoso ed incredibile, oppure alle trasmissioni che promettono a giovani talenti di passare alla ribalta nel giro di poche puntate.

Il pugile scadente Rocky Balboa viene scelto personalmente, da una lista di pugili sconosciuti, dal campione mondiale Apollo Creed per partecipare a una sfida che assegni il titolo. Dopo un tentativo quasi riuscito nel primo capitolo, lo sconosciuto e, almeno inizialmente sfortunato pugile Rocky, più basso e mingherlino rispetto all’avversario di colore, ma assai determinato, centrerà la vittoria e il titolo nel seguito, Rocky II.

Tutto ebbe inizio con Non è la RAI. Almeno un paio di generazioni di ragazze adolescenti ha inseguito il miraggio di poter emulare le performance canore e artistiche delle giovanissime protagoniste della trasmissione di Gianni Boncompagni, nonostante la messa in guarda nei confronti di una sicura delusione fosse stata già messa in circolazione dal cantautore Vasco Rossi (cfr. Vasco Rossi – Delusa, 1993). Si limiteranno ad affollare le discoteche, in quegli anni nel loro massimo splendore, ancora minorenni ed abbigliate in maniera discinta, con tutte le conseguenze del caso.

Insomma, la famosa pillolina magica che risolve i problemi, il deus ex machina nella forma di una iniezione che rende il fisico come quelli delle copertine o aiuta a conquistare il palcoscenico della celebrità, rappresentano l’ennesimo miraggio degli afflitti da “Sindrome di Braccio di Ferro”.

C’è chi si è parecchio arricchito alle spalle dei malati di Sindrome da Braccio di ferro

Una giovane fumatrice che spera di trasformare la sua vita con quello che lei ritiene essere un gesto, mentre si trasformerà in una dipendenza molto grave.

Volendo allargare in senso più ampio, sono vittime della sindrome in esame tutti coloro i quali confidano in risultati inaspettati e quasi “magici”: il disperato che si rivolge alla maga di turno per farsi preparare una pozione d’amore, la adolescente che in discoteca si fuma le prime sigarette sperando di trasformarsi in una donna vissuta e più attraente agli occhi dei ragazzi che la circondano, l’imprenditore che tenta ciò che lui ritiene “l’investimento della vita”, facendo finire, infine, sul lastrico la sua intera famiglia, l’operaio che investe tutti i suoi risparmi per acquistare un macchinone di lusso, i cui costi di mantenimento si riveleranno al di fuori della propria portata, con l’illusione che esso lo farà apparire come un membro del jet-set più esclusivo.

Le cure, farmacologiche e psicologiche, atte a scoraggiare il comportamento ossessivo-compulsivo delle vittime della “Sindrome di Braccio di Ferro” esistono già, e, sicuramente, si potrebbe fare parecchio anche nelle scuole, in fase di prevenzione. Purtroppo, invece, per favorire gli interessi economici dei venditori di speranza, sembra che sia più utile spingere gli italiani a credere che basti proprio poco per diventare più belli e più ricchi.

Se ogni tanto Braccio di Ferro le avesse prese malamente da Bruto, nonostante gli spinaci, non sarebbe stato poi così sbagliato: almeno sarebbe stato un esempio, specie per i più giovani, nel comprendere che la vita non premia chi cerca la scorciatoia ad ogni costo.

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