Viktor Suvorov e i misteri dell’operazione “Groza”

Vi sarà capitato di giocare con gli amici a Risiko!, quel piacevolissimo gioco di strategia geopolitica nato in Francia nel 1957. Tutto sommato l’obiettivo di dominare sugli altri, conquistare spazio e risorse, è sempre stato l’argomento intorno al quale si sono dipanate le vicende dell’uomo. Si potrebbe discutere per ore relativamente alle strategie migliori da adottare in Risiko!, sia quando si debba conquistare un territorio sia quando lo si cerchi di difendere. A tal proposito, vi invito a pensare a quale sia la mossa tipica di ogni giocatore nel momento di invadere un continente: concentrare un numero cospicuo di carrarmatini nel confine ritenuto più abbordabile e poi sferrare l’attacco, tentando la sorte ai dadi. E se, invece, bisogna prepararsi a difendere un continente? Conviene tentare la sorte lasciando che lo scontro avvenga solo in uno stato, concentrando tutte le truppe sul confine e, nel caso di una sconfitta iniziale, ritrovarsi a fare la parte del tonno che si taglia anche con un grissino, oppure è più intelligente spargere i propri carrarmatini un po’ ovunque, per fare in modo che l’invasore entri per poi circondarlo, bloccare i suoi rifornimenti e schiacciarlo senza pietà?

La firma del patto

La firma del patto Molotov-Ribbentrop

Hitler a Parigi

Dopo questa piccola premessa, vorrei introdurre un libro che in Russia ha riscosso un successo clamoroso, vendendo diversi milioni di copie e che, invece, in Europa è un po’ passato in sordina, ossia “Stalin, Hitler la rivoluzione bolscevica mondiale” (titolo originale russo “Ledokol”, ossia rompighiaccio), scritto da Viktor Suvorov (con l’accento rigorosamente sulla prima “o”), ex membro dell’armata rossa, ex membro dei servizi segreti sovietici, nome d’arte di Vladimir Bogdanovich Rezun. Il testo rappresenta una svolta nell’ambito storiografico mondiale dato che offre un punto di vista radicalmente differente su quanto avvenne il 22 giugno 1941, il giorno in cui la Germania nazista diede inizio all’Operazione Barbarossa, ovvero l’invasione dell’Unione Sovietica, nonostante fosse ancora in vigore l’accordo di non belligeranza stabilito dal patto Molotov-Ribbentrop. La  versione ufficiale della storia è che Hitler, dopo aver cercato di annientare le forze anglosassoni, preparando in maniera meticolosa una rapida invasione dell’Inghilterra (la celebre operazione Leone Marino), rimandò l’invasione e, in maniera precipitosa, all’inizio dell’estate del 1941 si buttò a capofitto nell’occupazione del suolo sovietico. In fin dei conti, dopo aver occupato in pochissimo tempo mezza Polonia, quasi tutta la Francia e diversi ulteriori territori europei, fra l’invasione già preparata dell’Inghilterra, le cui potenzialità belliche erano sicuramente alla portata della Wehrmacht, già schierata, armata e pronta allo sbarco, e la conquista di un territorio gigantesco e armato fino ai denti, bisognerebbe essere dei suicidi per cercare di sferrare un colpo mortale a un nemico con la seguente ripartizione dei mezzi bellici a disposizione (fonte Wikipedia):

Germania URSS
Truppe 3,5 milioni di uomini 4,7 milioni di uomini
Carri armati 3.300 17.000
Aerei 2.770 9.600

Nel momento dell’ingresso nel suolo sovietico da parte dei nazisti, l’Unione Sovietica, incredibilmente, schierava 202 divisioni (su 303 in totale) a presidio del confine occidentale (di cui ben 171 in prima linea) e oltre 7000 aerei sul confine. Nessuna divisione era schierata nelle fortificazioni arretrate (la celebre Linea Stalin) create ad hoc per la difesa dei confini, ma totalmente in prossimità dei confini stessi. Come sia andata, più o meno, lo sappiamo tutti: la Germania, nel giro di pochi giorni, distrusse più di 1800 velivoli sovietici, schierati negli aeroporti di confine uno al fianco dell’altro (e, in tal caso, bastava bombardarne uno per scatenare un devastante effetto domino tale da far saltare in aria i caccia vicini), Stalin accusò un silenzio radio di oltre 10 giorni (il suo primo discorso alla radio è del 3 luglio) e, dopo una marcia quasi inarrestabile, culminata con la sacca di Kiev, quella che doveva essere una invasione in grande stile si rivelò essere una guerra lenta e logorante, devastata dalle difficili condizioni climatiche degl inverni gelidi di quelle stagioni, con il crollo dell’armata tedesca a Stalingrado nell’inverno del 1943.

In televisione, nelle classiche trasmissioni divulgative, è facile trovare le seguenti risposte alle classiche domande che, qualsiasi appassionato di storia, potrebbe porsi:

  • Come mai le truppe sovietiche non erano in assetto difensivo nella linea Stalin ed erano invece schierate in maniera massiccia al confine? Perchè la linea Stalin era stata abolita dal patto Ribbentrop-Molotov, mentre truppe e aerei dovevano difendere stando il più vicino alla linea di confine.
  • Perchè la Germania non invase l’Inghilterra e scelse l’Unione Sovietica?  Hitler considerava i comunisti la sua nemesi, mentre riteneva gli inglesi i candidati ideali nel ruolo di alleati del nazismo.
  • Perchè, invece di dirigersi a Mosca per occupare il quartier generale sovietico, i nazisti testardamente combatterono una guerra logorante a Stalingrado? Per un semplice motivo di carattere ideologico, poichè Hitler voleva a tutti i costi umiliare il suo nemico Stalin occupando la città che, simbolicamente, ne portava il nome.

Queste sono le risposte che potrebbero accontentare il telespettatore medio. E se, invece, volessimo chiamare in causa la strategia militare ed essere un po’ più circostanziati?

Richiamiamo quella famosa partita a Risiko e parliamo un po’ di strategia militare vera. Quando un esercito deve attaccare, l’obiettivo principale è di sfondare le linee difensive per arrivare al cuore del nemico nel minor tempo possibile. Ciò si può realizzare concentrando le truppe in più punti in prossimità del confine per poi sferrare l’attacco. Se un esercito, invece, deve prepararsi a difendere, ha molto più senso ostacolare l’ingresso del nemico, per poi farlo entrare nei propri confini (dopo aver adeguatamente evacuato i civili) e cercare di accerchiarlo, in modo da isolarlo dai rifornimenti e, de facto, condurlo a una guerra logorante fino alla sconfitta finale. La “Difesa mobile”, questo era il nome dato alla strategia appena illustrata dai due generali sovietici Žukov e Tymošenko, costituiva la strategia ideale da abbinarsi a un territorio enorme qual era l’Unione Sovietica. E’ facile intuire, quindi, che  i russi stessero concentrando una mole così enorme di truppe e velivoli al confine certamente non per difendersi. E’ meglio citare direttamente l’autore per comprendere meglio il senso della difesa mobile (Capitolo IX, pag.105):

> Il paese che si prepara alla difesa non schiera il suo esercito al confine, ma nel profondo del suo territorio. In tal caso il nemico non può colpire di sorpresa e sgominare le forze principali di chi si difende. La parte che si difende crea in anticipo nelle regioni di frontiera una zona di protezione, vale a dire un’area disseminata di trappole, sbarramenti, ostacoli e campi minati. Entro quella zona, chi si difende si preoccupa in anticipo di non dare inizio ad alcuna opera industriale o relativa ai trasporti, non colloca alcuna grossa formazione militare e nemmeno grosse riserve. Al contrario, in quella fascia vengono minati in anticipo tutti i ponti, i tunnel e le strade esistenti. La zona di protezione costituisce una specie di scudo, utilizzato da chi si difende contro l’aggressore. L’aggressore che sia finito nella zona di protezione perde velocità di movimento e le sue truppe subiscono perdite prima ancora di incontrare le forze principali di chi si difende. Nella zona di protezione agiscono soltanto piccoli reparti molto mobili dalla parte che si difende. Tali reparti tendono agguati, attaccano di sorpresa e si dileguano rapidamente per raggiugnere altre posizioni antecedentemente preparate. […] Quanto è più profonda la zona di protezione, tanto meglio è. […] Perdendo il vantaggio della sorpresa, l’aggressore diventa lui stesso vittima: la profondità della zona di protezione gli è sconosciuta, pertanto l’incontro con le forze principali di chi è in difesa avviene in un momento che l’aggressore non conosce in anticipo, mentre è noto alla parte che si difende. […] Nell’autunno 1939 l’Unione Sovietica ebbe molta fortuna: secondo il patto Molotov-Ribbentrop incamerò territori per una profondità di 200-300 km. La zona di protezione preesistente divenne parecchio più profonda. I nuovi territori, per natura loro, si prestavano ottimamente a diventare zona di protezione: boschi, colline, paludi, fiumi ricchi di acqua con rive melmose, mentre l’Ucraina occidentale era ricca di tumultuosi torrenti montani con rive scoscese. Inoltre la rete stradale era scarsamente sviluppata. Dei 6.696 km di ferrovia, soltanto 2.008 erano a doppio binario, e anche quelli avevano una scarsa capacità di transito. Era estremamente facile, in caso di necessità, renderli del tutto inagibili. L’armata Rossa ebbe subito una brillante conferma del fatto che la zona di protezione poteva facilitare enormemente chi combatteva una guerra difensiva. In autunno, l’URSS aggredì la finlandia, ma l’aggressione mancò dell’effetto sorpresa: le forze principali finaldnesi si trovavano lontano dai confini, oltre la linea di sbarramento. L’Armata Rossa finì dentro la zona di protezione finlandese. […] Tutti i comandandi sovietici che hanno combattuto in quei luoghi hanno espresso la loro ammirazione per la zona di protezione finlandese, e più di tutti K.A. Mereckov, che comandava la 7a armata. Mereckov venne nominato capo dello Stato Maggiore generale dopo che ebbe superato quella zona di protezione e l’ebbe giustamente lodata. In che modo si avvalse di quell’esperienza per fortificare la zona di sbarramento sovietica creata lungo i confini occidentali? Merechov dispose quanto segue: >

  • Distruggere la vecchia zona di protezione sui confini occidentali, sciogliere i comandi di guastatori, rimuovere le cariche esplosive, disinnescare le mine, spianare gli sbarramenti.
  • Non creare zone di protezione sui nuovi territori.
  • Spostare le forze principali dell’armata Rossa direttamente sui confini, senza la copertura di zone di protezione.
  • Concentrare dall’interno alla frontiera tutte le riserve strategiche dell’Armata Rossa.
  • Iniziare urgentemente giganteschi lavori di accrescimento degli aereoporti e della rete stradale in Bielorussia e in Ucraina Occidentale. Trasformare le ferrovie a binario unico in ferrovie a binario doppio. Aumentare dovunque la capacità di transito delle strade, e costruirne di nuove in direzione dei confini tedeschi.
  •   Dopo questa citazione da parte dell’autore, potremo già offrire una risposta molto più accurata a una delle domande sopracitate:  

    Come mai le truppe sovietiche non erano in assetto difensivo nella linea Stalin?

    Perchè l’Armata Rossa era pronta all’attacco e non alla difesa.

     

    Secondo le tesi di Suvorov, ma anche di altri autori quali Igor Bunich, in realtà Stalin, sin dai tempi del patto Molotov-Ribbentrop, aveva in mente il piano d’invasione dell’Europa e, per realizzarlo, naturalmente, avrebbe dovuto schiacciare, principalmente, la Germania nazista. Questo piano aveva un nome, molto poco citato nei libri di storia (per esperienza personale, direi MAI citato), ossia Operazione Groza (Groza, pronunciato “grasà”, in italiano si traduce “temporale” o “tempesta”). Ciò che l’autore cita nella sua opera è piuttosto disarmante per chi è abituato alla storiografia ufficiale (specie perchè corredato di fotografie):

    –  Stalin stava preparando intere divisioni di paracadutisti, e tale tipo di truppe viene utilizzato esclusivamente per invadere e non per difendere (Hitler aveva a disposizione circa 4.000 paracadutisti, mentre Stalin, che doveva difendersi, ne vantava oltre un milione); –  I carri armati BT in dotazione all’Armata Rossa, in termini numerici, erano superiori alla somma di tutti i carri armati che potevano schierare gli eserciti del resto del mondo sommati insieme: citando l’autore, tali carri “si distinguevano per velocità, mobilità e autonomia. Essi non erano dotati di una corazza spessa e di armi pesanti. Il loro compito, durante un attacco di sorpresa, era quello di evitare i combattimenti prolungati e i focolai di resistenza, di avanzare in profondità nelle retrovie del nemico e di occuparne i centri nevralgici vitali e indifesi. In una guerra difensiva erano perfettamente inutili….”. Aggiungo che i BT avevano la straordinaria capacità di liberarsi dei cingoli e di utilizzare le autostrade per irrompere in profondità: peccato che, nel 1941, le uniche nazioni dotate di autostrade fruibili fossero Germania, Francia e Italia.

    Il BT sovietico dotato di cingoli

    Il BT pronto a invadere le autostrade europee

                       

    Gli schieramenti delle truppe sovietiche al confine furono di ben facile interpretazione ai servizi di Intelligence tedesca: quando vengono concentrate così tante truppe significa che sta per essere sferrato un attacco. Come mai, quindi, Stalin attese così tanto per mettere in atto l’Operazione Groza? Stalin, in realtà, stava aspettando che la Germania aprisse il fronte in Inghilterra per poi colpirla in scioltezza alle spalle, particolarmente preoccupato dall’esito della missione inglese di Rudolf Hess del 10 maggio 1941 (casualmente avvenuta un mese e mezzo prima dell’abbandono, da parte dei tedeschi, dell’operazione Leone Marino per invadere l’Inghilterra e l’inizio dell’Operazione Barbarossa, ossia l’invasione dell’Unione Sovietica). In fin dei conti il sistema si sarebbe poi rivelato vincente anche con il Giappone devastato dalle due bombe atomiche, e invaso l’8 agosto 1945,  a soli due giorni di distanza dalla testata nucleare sganciata dagli americani su Hiroshima (6 agosto): non c’è nulla di più semplice che attaccare un nemico già stremato e indebolito per i fatti suoi. I tedeschi, però, intercettarono le mosse sovietiche in tempo per accorgersi che bisognava agire in fretta: se avessero posticipato di un solo mese l’Operazione Barbarossa, quasi sicuramente sarebbero stati annientati da Operazione Groza, ossia la più grande invasione militare concepita nella storia moderna. Adesso, quindi, è più facile rispondere alla seconda dibattuta domanda.

     

    Perchè la Germania non invase l’Inghilterra e scelse l’Unione Sovietica?

    Perchè fu obbligata a mettere in atto una guerra preventiva nei confronti dell’Unione Sovietica, la cui Operazione Groza prevedeva l’invasione e sovietizzazione dell’intera Europa.

     

    I numeri dell’invasione sovietica ad opera dei nazisti parlano piuttosto chiaro: sebbene vi fosse un confronto sicuramente impari, l’aver preso di sorpresa un esercito pronto esclusivamente ad attaccare e non a difendere avrebbe dovuto permettere ai nazisti di conquistare l’Unione Sovietica in pochi giorni (a tal proposito, cito come esempio la tragica scomparsa del più celebre illusionista della storia, il mago Houdini: abituato ad esibire negli spettacoli i suoi addominali d’acciaio, si faceva colpire dai pugni dagli spettatori dopo aver teso i muscoli adeguatamente, finchè, uno studente di boxe lo colpì di sorpresa mentre rientrava nel suo camerino, senza dargli il tempo di prepararsi, causandogli una fatale peritonite fulminante). Le cose, però, non andarono proprio così: dopo un inizio folgorante da parte delle truppe tedesche, arrivarono le prime battute d’arresto. Le difficoltà tedesche ebbero inizio in seguito al telegramma che uno Stalin disperato inviò a Roosvelt, avvisandolo che, se non vi fosse stato un intervento americano, l’Unione Sovietica sarebbe crollata nel giro di pochi giorni. In poco tempo gli USA diedero inizio ai lend-lease, ossia a una serie di aiuti economici e bellici che gli Stati Uniti fornirono a URSS, Francia, Inghilterra e Cina. Buona parte di questi aiuti ai russi fu condotta passando per Iran ed Azerbaijan attraverso il cosidetto corridoio persiano, grazie all’attività di coordinazione del colonnello Norman Schwarzkopf Senior, il papà di quel famoso generale Schwarzkopf (Norman Junior) che, qualche decennio più tardi, sarebbe tornato da quelle parti per condurre la Guerra nel Golfo. Un bel numero di mezzi che difesero il terreno sovietico dall’invasione tedesca e italiana, in realtà, erano prodotti dagli Stati Uniti: quando gli alpini italiani fecero la famosa ritirata dal Don si ritrovarono ad affrontare in fuga, oltre ai micidiali T-34 sovietici anche gli M4 Sherman statunitensi.

    In totale USA fornirono ai sovietici circa 15.000 carri armati e 14.000 cacciabombardieri con una sola ragione che, vi anticipo, non era perchè agli americani stessero simpatici i russi. In realtà gli americani dovevano impedire ad ogni costo che i tedeschi giungessero al petrolio. E dove si trovava il petrolio? In una località attualmente tanto cara agli interessi degli USA, ossia l’Iraq. Cerchiamo di capire come i tedeschi potessero arrivare in Iraq nel modo più immediato:

    Occupare Stalingrado per arrivare in Iraq

    Conquistata Stalingrado, l’attuale Volgograd, città strategicamente vitale perchè posizionata sulla foce del fiume Volga, i tedeschi avrebbero potuto navigare il Mar Caspio ed avere una via diretta nel Golfo, e più precisamente in Iraq. Da quelle parti il Primo Ministro Rashid Ali al-Gaylani, desideroso di sganciarsi dal predominio inglese, interessato a creare un protettorato iracheno sotto la guida tedesca e con l’appoggio del Gran Muftī di Gerusalemme Amin al-Husseini, aveva promesso tutte le risorse necessarie alle forze dell’Asse. Il Gran Muftī era particolarmente interessato alla questione palestinese e vedeva in Adolf Hitler l’alleato ideale, fino a contribuire al reclutamento delle Waffen SS Musulmane e alla musulmanizzazione del Fuhrer col nome di “Abu ‘Ali” (il redentore). Quindi, ora potrete veramente farvi quattro risate quando, in televisione, il sedicente esperto di storia affermerà che i tedeschi hanno perso la guerra perchè Hitler si era intestardito ad occupare Stalingrado perchè portava il nome di Stalin. Ecco, invece, una risposta decisamente più verosimile.

     

    Perchè, invece di dirigersi a Mosca per occupare il quartier generale sovietico, i nazisti testardamente combatterono una guerra logorante a Stalingrado?

    Perchè, per poter fronteggiare le forze alleate, l’Asse necessitava fondalmentalmente del petrolio dell’Iraq, a cui poteva arrivare transitando per Stalingrado.

     

    Come si può evincere, quindi, da questo breve articolo, grazie alla piacevole lettura dell’opera di Suvorov, la Seconda Guerra Mondiale, in realtà, stava per imboccare un percorso totalmente diverso: se la Germania nazista non avesse attaccato preventivamente l’Armata Rossa in territorio russo, l’Unione Sovietica, dotata, secondo l’autore, di un rapporto bellico di 10 a 2 rispetto ai tedeschi, con un milione di paracadutisti e migliaia di carriarmati pronti a sfrecciare lungo le autostrade tedesche, italiane e francesi verso il cuore delle capitali europee, avrebbe sicuramente occupato buona parte dell’Europa senza incontrare particolare resistenza. Tutto era stato già prestabilito secondo un piano meticolosamente studiato a partire dal 1939, ossia l’Operazione Groza, che, se non fosse per scrittori coraggiosi quali Suvorov, rimarebbe uno dei numerosi enigmi tuttora legati al secondo conflitto mondiale.

    Gianluca Musumeci, 31 maggio 2012

    FONTI:

    – Viktor Suvorov: “Stalin, Hitler la rivoluzione bolscevica mondiale”, edito da Spirali. Nome originale “Ledokol” – Wikipedia (tabella numerica, articoli vari linkati) – Gianpaolo Pucciarelli (interviste varie)

    9 Comments Viktor Suvorov e i misteri dell’operazione “Groza”

    1. Giancarlo Rossi

      Infatti, molte cose che vengono attribuite alla cosiddetta “irrazionalità di Hitler” e “isteria anticomunista” vengono spiegate da questa disanima. Bisogna leggere il libro di HEINZ GUDERIAN… “PANZER LEADER”. Hitler era sempre stato sospettoso di Stalin, sin dal primo giorno della sua ascesa al potere. Il numero di carri armati dei russi era sconosciuto e solo ipotizzato. Tra le stime numeriche la più grande era quella fatta da Guderian. Infatti venne trovata una fabbrica sovietica che conteneva più tank in costruzione che quelli che possedeva l’intera Germania. Ai tedeschi andò bene finché non si mise a diluviare in Ucraina, ricevettero anche l’appoggio di buona parte della popolazione locale. Tutto si guastò per via del fango, che bloccò le rapide manovre avvolgenti. Anche l’arrivo dilazionato dei T-35 russi (che quando comparirono rovesciarono la situazione in favore dei russi) favorì l’avanzata dei carri leggeri tedeschi. Comunque l’asso nella manica dei tedeschi è stato lo Stuka e soprattutto il Messerschmitt Bf 109 che permisero la distruzione dell’aviazione nemica, di molti blindati (tra questi il BT-7) e dei depositi di munizioni. Hitler venne criticato da Guderian per aver diretto le sue truppe verso Kiev e Stalingrado, ma non aveva scelta (i russi erano pronti a dar fuoco a Mosca), voleva affamare i russi e puntava al petrolio del Caucaso e del Kazakistan (vi siete scordati circa 7 milioni di barili) per poi puntare a Turchia/Iran e Iraq. Alcune cose ridicole, come la mancanza tedesca di indumenti adeguati per l’inverno (in pelle impermeabile, impellicciata dentro, canottiere di lana, ecc.) denotano la frettolosa preparazione. Tante bugie persistono nella storiografia degli ultimi 75 anni.

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      1. Tizio.8020

        IN effetti questa cosa Suvorov la spiega molto bene.
        Dice che le varie spie “Russe” in Germania osservavano il mercato degli agnelli.
        SE devi preparare l’invasione di un Paese come l’URSS ti servono gli indumenti invernali.
        Almeno 1 anno prima devi prenotare 1 milione di agnelloni, non ci vuole un’ora a farli! Ecco perchè non avevano indumenti invernali: non potevano permettersi di far capire..che avevano capito.
        Secondo me l’aver scoperto i piani per “Groza”, giustificano la missione di Hess.

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    2. Gianluca Musumeci

      Caro Giancarlo, ti ringrazio per il commento, ben articolato. Effettivamente l’opera di Suvorov lascia intendere un quadro storico completamente diverso da quello che i vincitori della WW2 ci hanno tramandato. La storia che studiamo a scuola non è mai quella reale, ma quella scritta dai vinti.

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      1. Tizio.8020

        A scuola insistono a dire che aver combattuto su 2 fronti è stata la rovina dei Tedeschi.
        Sarebbe stato molto peggio se non l’avessero fatto.
        Tornando a quella partita di “Risiko!” che usavi come esempio, succede come quando uno prova a completare il suo obiettivo ma non ci riesce.
        Distrugge le armate degli altri, ed avanza lasciando 1 solo carro in ogni territorio.
        Non ci riesce, tocca ad un altro.
        Che si trova così la strada spianata: le armate sono già state distrutte, il più delle volte trovi territori sguarniti e solo 1 o 2 con ancora qualcosa.
        Fra l’altro nel 1941 i Tedeschi avevano come carri solo i Pzkfw I -- II- III -- IV.
        Aggiungi gli Skoda 38 e i Francesi preda bellica, ma sempre poca roba.
        Suvorov parla di oltre 22500 carri.

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        1. Tizio.8020

          Ma se leggi quando parla della famosa fabbrica di locomotive di Charkov, dice che “come produzione secondaria , aveva 22 carri al giorno”.
          Seconod me la traduzione è sbagliata. se fossero 22 al giorno, sarebbero oltre 600 al mese, in una sola delle chissà quante fabbriche!

          Altra questione: ad est i tedeschi hanno impiegato oltre 200 divisioni; in Libia ne hanno mandate all’inizio solo 2.
          Dopo i rovesci di Rommel e Torch, trovano forze residue da inviare.
          Che senso aveva inviare forze nel 1943 e non prima.
          SE gli Italiani avessero mandato in Libia i carri medi prima del 1940, SE non avessimo avuto traditori come Gambara etc, SE insomma ci avessero creduto ( non serviva un genio a capire che i convogli vanno scortati , al limite con tutta la flotta!); forse Rommel avrebbe sfondato in Egitto.
          Ovvio che sono solo ipotesi.
          Ma cosa sarebbe successo se L’Asse fosse arrivata in Iraq (che se ti ricordì si ribellò ma fallì) da sud anzichè da nord?

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